ELIOT, BRECHT E L’IDEALE
Proposte poetiche per l’unità della persona
di M. Broggi
Eliot, Brecht e l’ideale. – Proposte poetiche per l’unità della persona.
“Una polveriera pronta ad esplodere”: fa sorridere la quantità di volte che abbiamo sentito questa definizione dell’Europa di inizio Novecento. D’altra parte il primo conflitto mondiale è stato acceso da una miccia innanzitutto ideologica: diversi idealismi, diramazioni post-hegeliane, nazionalismi e religioni si prestavano come fondamento alla vita privata e pubblica. Se da un lato questa diffusione di impianti ideologici fu cardine dei regimi totalitari, l’altra faccia della medaglia sembra mostrare che non fosse ancora calato il velo della disillusione su quegli anni.
Sarebbe certamente un errore pensare che ogni individuo fosse completamente coinvolto allo stesso modo, corpo e mente, in quei flussi di pensiero che hanno sconvolto il continente, d’altra parte, in una semplificazione necessaria quanto utile, si può affermare che c’era un approccio alla vita pubblica fortemente diverso da come avviene ai nostri tempi. Se si guarda al giorno d’oggi, prendendo uno studente medio europeo, probabilmente saprebbe spiegare chi erano Mussolini e San Pietro, o quale sia la differenza predominante tra capitalismo e comunismo. Il ragazzo rimarrebbe interdetto, invece, di fronte alla domanda: “Credi che in quelle teorie ci sia qualcosa di vero per la tua vita? Fonderesti le tue giornate su quello che propongono?”. La distanza che vedo tra le due generazioni non è data dai cento e più anni che ci separano, piuttosto dal riconoscere che la necessità di identificazione in un ideale sia oramai affrontata con disillusione; di questo è esemplificativo l’allontanamento sempre più frequente da ogni declinazione della politica, oltre alla frammentazione della nostra persona in mille pensieri ed azioni, dispersi come coriandoli nella quotidianità senza talvolta un nesso che dia loro senso.
Ammettendo il rischio di passare per nostalgico e di banalizzare la visione del passato, non posso rassegnarmi al fatto che i principi di verità, spumeggianti di vita a inizio Novecento, si siano ormai semplicemente sgretolati. E’ davvero impossibile oggi, per noi, avere una simile coerenza tra ciò che facciamo e un orizzonte ideale a cui tendere? Nella mia ricerca personale ho interrogato quel tempo e mi sono imbattuto in due personalità culturali paragonabili e lontane allo stesso tempo: comune a entrambi lo strumento poetico per comunicare l’esigenza e la presenza di una causa comune; diametralmente opposto lo sguardo sul bisogno umano e quindi sulla natura dell’obiettivo a cui l’azione comunitaria deve tendere.
Il primo personaggio è T.S. Eliot, poeta statunitense naturalizzato britannico, cristiano anglicano, protagonista dell’utilità sociale della poesia attraverso diverse opere tra cui i Cori da “La Rocca”, testo teatrale composto al fine di raccogliere fondi per la costruzione di una nuova chiesa in un sobborgo di Londra. Instancabile critico della situazione a lui contemporanea, Eliot non propone ai lettori nozioni dogmatiche ma li coinvolge nella lotta contro l’aridità dilagante in una società che, con il proprio sviluppo tecnologico ed economico, contribuisce a disumanizzare la gente.
E poi, trascurate e disprezzate il deserto.
Il deserto non è così remoto nel tropico australe,
il deserto non è solo voltato l’angolo,
il deserto è pressato nel treno della metropolitana
Presso di voi, il deserto è nel cuore di vostro fratello.
Il cristianesimo è identificato sia come arma fondamentale di verità con cui combattere l’insensatezza dominante nella modernità, sia come voce che richiama a quel momento della storia in cui Eliot afferma che abbiano avuto inizio il tempo e il Significato.
Un momento nel tempo ma il tempo fu creato attraverso
quel momento: poiché senza significato non c’è
tempo, e quel momento di tempo diede significato. []
Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati
e ottusi come sempre lo furono prima,
Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere
la loro marcia sulla via illuminata dalla luce;
Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi,
tornando, eppure mai seguendo un’altra via.
Il ruolo sociale in cui si attua la personalità cristiana si gioca su due piani: in primo luogo ricordare la fallibilità ultima dell’uomo, non tanto nell’incapacità di costruire ma nel dare senso al suo lavoro; in secondo, conseguenza di questa ultima incompletezza, riporre quella tendenza naturale verso l’atto creativo al servizio di un Bene Comune.
Edifichiamo invano se il Signore non edifica con noi.
Potete reggere voi forse la Città se il Signore non resta con voi?
Mille vigili che dirigono il traffico
Non sanno dirvi né perché venite né dove andate.
Il Signore che ci creò vorrà che noi stessi creiamo
E nuovamente poniamo la nostra creazione al Suo servizio
Che è già Suo servizio creare.
Perché l’Uomo è corpo e spirito congiunti,
E quindi deve servire corpo e spirito.
Visibile e invisibile, due mondi si incontrano nell’Uomo;
Dall’altra parte della barricata si trovava Bertold Brecht, nato e vissuto in Germania anche nei tempi bui in cui gli era stato dato il nome di Repubblica di Weimar. La sua poesia è divenuta voce degli uomini che non hanno mai potuto farsi sentire, guida non imposta di chi combatteva per un mondo più giusto e non diviso con un muro invalicabile tra chi domina e chi deve essere dominato. La posizione di Brecht è profondamente umana, spontanea espressione dell’innato senso di giustizia sociale. A differenza di Eliot egli non cerca un senso religiosamente inteso, si dedica invece a prendere posizione rispetto a tutto il tangibile dolore nato dalla situazione socio-economica in cui si trovava.
Di fronte a tutti, alla luce del sole
cavavano dai loro operai tutto quello che avevano dentro,
sparavano scoppiettate nelle miniere, poi rigettavano nelle strade
le ossa consunte, i muscoli avvizziti, ridendo
di un cordiale sorriso.
Lo scrittore non vuole essere un teorico del comunismo, da parte sua sarebbe stato un ruolo insufficiente, ma testimone della carne viva e sofferente dei proletari affamati e delle donne sfruttate. Egli invita il lettore suo pari ad alzare la testa e combattere affinché “nel mondo non ci siano più due specie di uomini”.
Figlio mio, tieniti unito ai tuoi simili
perché la loro forza si dissolva come polvere.
Tu, figlio mio, e io e tutti i nostri simili
dobbiamo stare uniti e dobbiamo ottenere
che al mondo non ci siano più due specie di uomini.
Quando avran parlato i dominanti
toccherà parlare ai dominati.
Chi osa dire: mai?
Da chi dipende se dura l’oppressione? Da noi.
Da chi dipende se viene infranta? Sempre da noi.
Chi fu abbattuto, si rialzi!
Chi è perduto, combatta!
Chi ha conosciuto la sua condizione, come si potrà trattenerlo?
Poiché i vinti di oggi sono i vincitori di domani
e il mai si muta in: oggi stesso!
Ci sono innumerevoli esperti che potrebbero proporre con autorevolezza questi poeti o condividere le loro idee e posizioni: io non sono fra questi, ne era quello il mio intento. D’altra parte resta la possibilità di rimanere affascinati dalla loro testimonianza di unità, dove il loro talento, ciò in cui credevano come soggetti e la loro posizione verso il sociale erano tutti rivolti ad un unico orizzonte ideale.