2016-2019 CNSU
Cos’è successo in questo triennio?
DIRITTO ALLO STUDIO
Come funziona
I finanziamenti per il Diritto allo Studio, in Italia, derivano principalmente da tre fonti: il FIS (Fondo Integrativo Statale), la tassa regionale (120, 140 o 160 euro annui a studente, a seconda delle regioni), e i fondi propri delle regioni. Il FIS, che tra le tre costituisce il fondo per la maggior parte, è stato al centro del dibattito al CNSU sotto molti aspetti per questi tre anni.
Cosa è successo negli ultimi anni
Da una parte, grazie alla pressione continua del CNSU, in questi tre anni il FIS è aumentato di circa 80 milioni di euro riducendo il numero di idonei non beneficiari a circa 7500 con una copertura pari al 95,7 % degli idonei totali. D’altra parte, nel 2017, ne sono cambiati i criteri di ripartizione: se fino all’anno prima questo si basava sullo “storico” (a grandi linee, una regione riceveva in base a quanto aveva speso in DSU l’anno precedente), da due anni il principale criterio è il “fabbisogno regionale”, che fa sì che, tenendo conto di quanto una regione riceve dalla Tassa regionale, il fondo sia calibrato piuttosto sul numero di studenti idonei e non idonei alla borsa.
Cosa abbiamo proposto
Come CLDS, una delle nostre battaglie principali è stata quella relativa al riutilizzo di fondi mal utilizzati dal Governo, come ad esempio il “Bonus Eccellenza Giovani”, che consiste in uno stanziamento di 50 milioni che avrebbe lo scopo di alleggerire, tramite sgravi fiscali, il costo di assunzioni da parte di datori di lavoro privati di laureati con 110 e lode. Noi siamo convinti, però, che lo scopo principale che debba muovere gli interventi statali, soprattutto vista la persistenza della figura dell’idoneo non beneficiario, sia in primis quella di garantire l’accesso all’istruzione universitaria a chi ne ha diritto, lo desidera e lo merita: con la stessa cifra, infatti, stanziata per circa 6.000 laureati (50 milioni di euro) si riuscirebbero a finanziare più di 10.000 nuove borse di studio.
NO TAX AREA
Come funziona e cosa è successo negli ultimi anni
Con la Legge di Bilancio del 2017, sono stati introdotti nuovi criteri rispetto alla contribuzione studentesca universitaria. In particolare, è stato definito che gli studenti con ISEE non superiore ai 13.000 €, che abbiano conseguito almeno 10 CFU il primo anno, e 25 CFU dall’anno successivo, siano esentati da qualsiasi forma di tassazione universitaria. Non solo: gli studenti con ISEE compreso tra i 13.000 € e i 30.000 €, aventi gli stessi requisiti di merito, pagano oggi le tasse in misura non superiore al 7% della differenza tra il loro ISEE e 13.000 €.
Cosa abbiamo proposto
La misura ci è apparsa positiva nel suo complesso, sebbene, a uno studio più attento, alcune criticità si siano rivelate evidenti: alcune liste proponevano un ulteriore abbassamento delle soglie di merito, che però abbiamo chiesto e ottenuto che fossero almeno lasciate come stabilite dalla Legge di Bilancio; d’altra parte, a seguito di uno studio portato in Consiglio, abbiamo mostrato come in alcuni Atenei l’adeguamento alla norma avrebbe comportato un innalzamento delle tasse per gli studenti beneficiari appartenenti alla fascia con ISEE tra 13.000 e 30.000€. Per questo, abbiamo chiesto e ottenuto dal Ministero che la norma fosse attuata secondo la sua ratio generale, scongiurando quindi il rischio di interpretazioni contra legem nell’ottica di un effettivo abbassamento delle tasse universitarie.
LAUREE PROFESSIONALIZZANTI
Come funzionano
Il 16 dicembre 2016 il MIUR ha emanato un Decreto Ministeriale in cui, tra le altre cose, definiva all’articolo 8 i “Percorsi di studio di laurea sperimentali ad orientamento professionale”, noti come Lauree Professionalizzanti. Quel decreto è stato oggetto di diverse discussioni; il testo definiva tali percorsi organizzandoli in stretta collaborazione con le aziende e le imprese operanti sul territorio, soprattutto nella erogazione dei tirocini e delle attività laboratoriali per cui erano previsti dai 50 ai 60 CFU. Una delle criticità più eclatanti era quella relativa al numero chiuso e all’accreditamento dei corsi: veniva previsto un numero chiuso di 50 posti calibrato in base al numero di tutor disponibili nelle imprese sul territorio e l’anno successivo al primo ogni corso, per poter essere riaccreditato, doveva rispondere a precisi indicatori per quanto riguarda gli sbocchi occupazionali.
Cosa abbiamo proposto
Il tema è stato molto discusso durante l’ultima seduta di Marzo, in seguito alla richiesta che è stata fatta al CNSU di esprimere un parere rispetto al documento preparato dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN) sulle Lauree Professionalizzanti. A partire dalle istanze da noi avanzate, il CNSU si è espresso, generalmente, in modo favorevole all’istituzione di questi Corsi, ma evidenziando alcuni punti nodali ancora da sciogliere, pensando, in particolare, proprio alle realtà “politecniche” di cui il nostro Ateneo fa parte. In primis, c’è bisogno di stabilire con estrema chiarezza la differenza tra un laureato triennale “classico”, e il nuovo profilo del laureato triennale “professionalizzato”: rispetto a ciò, è perciò importante che le attività di tirocinio siano formative e acquisiscano un peso importante nella carriera. D’altra parte, abbiamo ritenuto fondamentale chiarire se e in che modalità saranno possibili i passaggi di corso e la conversione dei crediti tra Laurea Professionalizzante, Laurea Triennale e Istituti Tecnici Superiori (ITS), nell’ottica di non voler svalutare nessuno dei tre percorsi e chiarire quale tipo di figura professionale si delinei in uscita da essi.
NUMERO CHIUSO AD ARCHITETTURA
Come funziona e cosa è successo negli ultimi anni
Ad oggi, il numero chiuso è regolato da una Legge che, all’articolo 1, stabilisce che le facoltà di Architettura sono regolamentate, a livello di accesso, nazionalmente. Negli ultimi anni il trend dimostra una interessante, inconsueta tendenza: nel 2018 gli aspiranti architetti che hanno superato i quiz sono stati inferiori ai posti messi a bando: 5.720 a fronte di 7.148 disponibilità. Dall’altra parte, si nota una sempre più evidente polarizzazione delle domande verso poche grandi Scuole, con tanti piccoli Atenei che ricevono sistematicamente un numero di richieste inferiore agli spazi liberi. Fatto che recentemente ha scatenato accesi dibattiti perché la soglia del minimo di 20 punti per entrare ha lasciato fuori delle persone, nonostante, appunto, il posto in qualche Ateneo ci fosse; finché il TAR del Lazio ha accolto un ricorso per riaprire le graduatorie.
Cosa abbiamo proposto
La mozione approvata dal CNSU condivide la necessità di ripensare al numero chiuso e alla soglia dei 20 punti in relazione ai numeri e al rapporto domande/disponibilità. D’altra parte, il CLDS si impegna, in quest’ottica, anche a non cadere in una visione semplicistica e a considerare il problema nella sua complessità in vista di un possibile ripensamento del numero chiuso per le facoltà di architettura, ponendoci diversi interrogativi su cui lavorare nei prossimi anni: come ovviare all’eclatante mancanza di posti di lavoro nel territorio italiano per i laureati di architettura? Come ci confrontiamo con il fatto che l’Italia è il Paese con il maggior numero di architetti in tutta Europa? Come far fronte al problema della “polarizzazione”, e, in questo senso, come gestire le risorse dei diversi Atenei in risposta alle domande e alle necessità