I fratelli Karamazov


I FRATELLI KARAMAZOV

Perché leggere Dostoevskij

I fratelli Karamazov è l’ultimo dei capolavori di Dostoevskij e uno tra i più grandi romanzi mai scritti.

Il romanzo racconta la storia della famiglia Karamazov, in particolare dei quattro figli di Fedor Pavlovic, un possidente russo che si è costruito la propria ricchezza dal nulla. Un uomo meschino, che all’inizio del racconto viene ucciso. Subito viene accusato il primogenito Dmitrij, figlio della prima moglie. Una personalità impulsiva e superficiale, ma anche buona. Per tutto il corso della narrazione verrà ritenuto il principale colpevole a causa dei noti conflitti con il padre e affronterà i vari processi.
Il secondo e il terzogenito, Ivan e Aleksej, sono, invece, i figli della seconda moglie. Ivan è una persona colta, distaccata, molto riflessiva e rigorosamente atea; disprezza il fratello maggiore perché vive una vita di piaceri e lo ritiene colpevole dell’omicidio del padre. Malgrado sia una persona molto razionale e ideologica, la domanda sull’esistenza di Dio non lo abbandona mai; soprattutto, la questione che più lo lascia irrequieto è il dovere accettare un Dio che permette sofferenze e crudeltà. Aleksej, invece, è una persona buona, generosa e molto devota alla fede, sta per intraprendere la strada ecclesiale. Egli è il cosiddetto “personaggio positivo” a cui entrambi i fratelli sono affezionati perché capace di amarli per quello che sono.
Infine, c’è il figlio illegittimo Smerdiakov, il servitore. Lui è il “personaggio negativo”, colui che crea dissidi tra i fratelli. Ha una mente instabile e facilmente condizionabile: si lascia influenzare dalle ideologie di Ivan tanto da portarlo a pianificare l’assassinio del padre e far ricadere la colpa su Dmitrij.
Sarebbe riduttivo definire questo romanzo il semplice racconto di un parricidio, non si potrebbero spiegare le più di 600 pagine che lo compongono. Tutti i romanzi di Dostoevskij non possono definirsi semplici storie, raccontano vite inventate, ma allo stesso tempo profondamente reali. I suoi personaggi hanno un giudizio, una personalità e ideali propri. Sono personalità vive alle quali Dostoevskij fa esporre il suo pensiero e le sue più grandi domande.
In questo libro se ne fa portavoce Ivan con “La leggenda del Grande Inquisitore”, racconto da lui inventato, che espone al fratello Aleksej. La leggenda narra del ritorno di Gesù sulla terra, a Siviglia, al tempo della Santa Inquisizione. Compie miracoli, la gente al suo sguardo lo riconosce e gli corre incontro, tutto come al tempo della sua prima venuta sulla terra, fino a che non viene incarcerato dal Grande Inquisitore, il portatore della parola di Dio sulla terra, esattamente come i farisei. Il racconto consiste in un monologo tenuto dal Grande Inquisitore a Gesù, che lo ascolta senza mai dire una parola. Il discorso che egli fa è sulla libertà. La tesi di fondo, che egli sostiene, è la fragilità dell’uomo, perché costituzionalmente incapace di sostenere tutta la portata di tale dono. La libertà è un impedimento alla felicità perché spinge l’uomo a non sapersi mai accontentare, a porsi continuamente domande. Per questa ragione, l’unica soluzione che egli sostiene, affinché l’uomo possa raggiungere la felicità, è la schiavitù. Solo se l’uomo si sottomette ai pochi eletti, che si sacrificano per il bene comune, come Il Grande Inquisitore, potrà arrivare alla felicità.

“Tu non sei disceso perché, ancora una volta, non volesti asservire l’uomo col miracolo, e bramavi una fede libera, e non una fede vincolata al miracolo. Bramavi un libero amore, e non già le servili effusioni dello schiavo al cospetto del potente. […] Cosicché, irrequietezza, rivolta e infelicità: ecco qual è ora il destino degli uomini, dopo che Tu hai affrontato tanta sofferenza per dar loro la libertà! […] Allora noi gli daremo una quieta, umile felicità, una felicità da esseri deboli, quali costituzionalmente essi sono. Oh, noi li persuaderemo, alla fine, a non essere orgogliosi, giacché Tu li hai sollevati in alto, e così hai insegnato loro a inorgoglirsi: dimostreremo loro che son deboli, che non son altro che dei poveri bambini, ma che in compenso la felicità bambinesca è la più soave di tutte.”

Dostoevskij è uno di quegli autori che non si possono leggere per la trama. La bellezza dei suoi romanzi sta nei suoi personaggi, accuratamente studiati, che popolano i suoi tomi. Pone questioni, provoca il lettore affinché si interpelli a dare un giudizio, senza dare soluzione alcuna. Insegna a guardare. E questo lo rende sempre attuale.
La Libertà. Cosa vuol dire essere liberi? La libertà è un peso? Senza libertà si può essere felici?
A voi la parola.

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