Logistica e didattica
Non sedersi in panchina (anche perchè non c’è più posto)
È il 20 marzo 2017, alle ore 9.45 inizia la ce-rimonia di Inaugurazione dell’Anno Acca-demico 2016-2017, la prima del neo Rettore Ferruccio Resta. Alla presenza di autorità, docenti e studenti, tramite un chiaro e li-neare discorso, il Magnifico Rettore riassu-me in 5 verbi i punti su cui ha intenzione di lavorare nei prossimi 6 anni: ATTRAR-RE, UNIRE, ABITARE, FUNZIONARE, AN-TICIPARE. In questo articolo vorremmo approfondire il secondo di questi verbi, ABITARE, tema rimarcato anche dal Presi-dente del Consiglio degli Studenti Filippo Campiotti nel suo discorso (pag. 10), tenuto nella stessa occasione. Tutti noi studenti ci imbattiamo ogni giorno nella problemati-ca della mancanza di spazi. Quante volte ci è successo di assistere a lezioni in aule troppo piccole per il numero di iscritti al corso, vedendo quindi studenti prendere appunti appoggiati al muro o seduti sui ce-stini? Oppure quante volte abbiamo vagato alla ricerca di un’aula studio, trovandole tutte occupate o senza tavoli sufficienti, o senza abbastanza sedie? Il problema spa-zi è un problema che ci tocca ogni giorno della nostra vita universitaria, e con cui dobbiamo inevitabilmente fare i conti tan-to nei giorni di lezione quanto in quelli di sessione. Ma perché è tanto importante affrontare il tema della vivibilità al Politec-nico? Personalmente penso che “l’Abitabili-tà” in università sia fondamentale, e, senza esagerare, il primo passo per iniziare a costruire un’Università da vivere, in cui gli studenti non si accontentino di assistere alle lezioni, prendere il treno per tornare a casa, e tornare solo per dare il proprio esame durante la sessione. Un’università in cui “abitare”, dove avere la possibilità e gli spazi in cui spendere ed investire il proprio tempo è una delle principali con-dizioni per favorire gli scambi cultura-li, e consentire di accogliere gli studenti stranieri, che si affacciano con sempre più frequenza alla vita del nostro ateneo (si pensi che, solo nelle lauree magistrali, gli studenti provenienti dall’estero sono circa il 33 %). Ma il problema degli spazi non si può ridurre solo a questo: uno dei più grandi rischi è un’inversione del natura-le rapporto logistica-didattica. Mi spiego: in una visione universitaria avente come caposaldo la didattica, le decisioni ammi-nistrative vengono prese in conseguenza di questa; la didattica ha libere possibilità di esprimersi, e la logistica si muove di conseguenza. Nell’ultimo periodo, però, ci siamo accorti di come sia cambiato questo rap-porto di cause e conseguenze: è la logistica che pone dei vincoli insuperabili (quali le aule troppo piccole e il numero di docenti insufficiente), mentre la didattica è costret-ta ad adeguarsi. Costituisce un esempio di questo la decisione di dividere in più sca-glioni una classe avente un elevato numero di iscritti, come avviene per un qualsiasi corso di Analisi 1 del primo anno. Se la di-dattica avesse libera parola sull’argomento, nessuno avrebbe dubbi che un ridotto nu-mero di studenti in classe comporterebbe un miglioramento della qualità delle lezio-ni, ma la mancanza di aule pone dei vincoli insuperabili. Ecco che ci ritroviamo quindi con classi con 250 – 300 persone, circostan-za che impone un naturale abbassamento della qualità della didattica. È inutile però illudersi o lamentarsi: i problemi ci sono e dobbiamo inevitabilmente stringere la cinghia di conseguenza. Uno scenario in cui la qualità della didattica sia al primo posto nelle decisioni di Ateneo, senza vin-coli imposti dalla logistica è una posizione desiderabile e perseguibile, ma al momen-to difficile da raggiungere nel breve pe-riodo. Il contributo che possiamo dare in questo momento è quello di tracciare una direzione, investire sul lungo periodo, anche se noi, attuali studenti del Politecni-co di Milano non potremo godere del cam-biamento in prima persona, date le lunghe tempistiche di un simile processo.
Non si può dire che il Politecnico non si stia muovendo in tale direzione: il nuovo edifi-cio che verrà costruito su progetto di Renzo Piano ne è uno degli esempi, senza dimen-ticare la recente riqualifica di Piazza Leo-nardo. I sopracitati sforzi del nostro Ateneo per affrontare i problemi di mancanza di spazi sono immani se si pensa al panora-ma finanziario/fiscale con cui le università sono costrette a fare i conti (tagli, finanzia-menti molto bassi…). L’Università può esse-re un luogo di crescita, un luogo dove poter costruire un futuro, per noi stessi e per il nostro paese, e pensiamo che, per far sì che questo si realizzi, questa Università debba essere abitabile, affinché sia possibile vi-verla. Non possiamo che appellarci alle au-torità competenti, perché contribuiscano a ristabilire quel rapporto didattica-logistica che nel tempo, come detto prima, si è an-dato invertendo. Pensiamo che sia questa la condizione necessaria per un’Università tutta da vivere.