Christopher Nolan
Ingenieur di illusioni e architetto di sogni
1311 minuti di pellicole, 10 opere e circa 22 ore di viaggi interstellari e spettacoli mozzafiato richiedono l’attenzione di uno sguardo che si muova nello spazio e nel tempo. Per gli amanti della settima arte c’è un mondo di dettagli che aspetta solo di essere scoperto e analizzato. Tra pubblico e cast un patto narrativo: lo sancisce il regista. Christopher Nolan. Ma chi è quest’uomo di insaziabili aspettative e grande talento? Inizia la propria carriera cinematografica molto giovane: a 19 anni produce il suo primo cortometraggio e a 28, con un budget di appena 3000 sterline, occupandosi della scrittura, sceneggiatura e regia di Following, fa il primo passo di un percorso che lo vede oggi tra i grandi del cinema. In Following spiccano molti degli elementi distintivi del genio artistico di Nolan, che, pur limitato da una scarsa disponibilità di risorse, riesce nel contesto di un film mediocre dal punto di vista di riprese, effetti speciali e cast, a coinvolgere lo spettatore, destando l’attenzione della critica.
“Quando pensi allo stile visivo, quando pensi al linguaggio visivo di un film, tende ad esserci una naturale separazione tra lo stile visivo e gli elementi narrativi, ma con i grandi, […] quello che vedi è inseparabile, una relazione vitale tra le immagini e la storia che si sta raccontando.”
Con “grandi” Nolan si riferisce a Kubrick, a Malick, a Hitchcock, ma lui stesso arriva a superare la “naturale separazione” di cui parla: coerentemente con il suo pensiero, costruisce le proprie opere d’arte, disseminando tutti i film di spunti e domande ricorrenti. L’esoscheletro e il cuore funzionano assieme, sono indispensabili l’uno all’altro: è una regia la sua, di costruzioni che sostengono il contenuto e di contenuti motori di costruzioni. Il tempo, in cui lo spettatore si trova immerso, viene analizzato in ogni sua dinamica (Interstellar ne è un esempio lampante) e diventa oggetto e soggetto di creazione. Un gioco di flashback e anticipazioni raccontano le sue storie. Le luci si spengono e lo schermo si accende, un titolo bianco, caratteri tipografici senza grazie e si inizia. La prima scena, spesso e volentieri, è la signora Fine che si presenta spavalda. Se l’inizio è la fine allora la fine è solo l’inizio e uscendo dalla sala, Nolan ci affida tutti i dubbi, le domande e le osservazioni dei suoi personaggi e degli intrecci complessi. È qui la differenza tra l’illusionista e l’ingenieur. Nolan attraverso le parole di Michael Caine in The Prestige si appella al suo pubblico:
“Ora, voi state cercando il segreto ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati” (The Prestige)
L’inganno, per quanto intrigante, è illusionistico, e muore nello stupore del prestigio; chi assiste al numero, si crogiola nell’ebrezza dell’inganno e non si cura di svelarne il segreto che cela. La percezione del reale è fragile e personale, fra memoria e illusione, passa attraverso volti, ricordi, sentimenti e in primis l’agire dei suoi personaggi. È difficile quindi affezionarsi a una verità, ma Nolan non ci chiede di schierarci, nemmeno tra i buoni e i cattivi, che ricevono dal regista pari attenzione perché ugualmente umani, ma piuttosto ci spinge a seguirlo tra i vari livelli onirici. I duelli sono così ancora più avvincenti, in The Prestige tra i due illusionisti si gioca una guerra di magia e rivalsa che non favorisce nessuno dei due. È un gioco ad armi pari. Quello di Nolan, è un modus operandi ricco di coerenza: gli elementi ricorrenti non vengono mai semplicemente riproposti allo stesso modo ma seguono un percorso evolutivo costruttivo, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista. La visione quasi distopica della realtà, tipica dei primi film (Following, Memento e The Prestige) piano piano lascia spazio a una società meno negativa in cui è valorizzata la libertà dell’uomo. In Insomnia un Al Pacino morente, alla fine di una carriera che ha rischiato di distruggere, si immola per salvare una sua collega e riscattare l’integrità morale, sua e della società che rappresenta. Le ultime parole? Rivolte a noi tanto quanto a Ellie; “Non smarrire la strada”. Il cinema del regista londinese pullula di protagonisti messi alle strette, ma sempre e comunque avvinghiati alla propria, testarda missione di vita. La trilogia di Batman incarna la lotta tra corruzione e bene comune, in cui l’eroe è solo un espediente per incontrare la complessità dell’animo umano.
Un’altra idea ricorrente è quella della redenzione dei personaggi nolaniani: una iniziale redenzione eterna e impossibile in Memento che assume sfumature diverse nel corso della produzione. In Inception, Cobb è mosso da un desiderio di salvezza e affrancamento rispetto alla sofferenza che ha causato alla moglie; un tormento che lo accompagna durante tutto il film. Il celebre finale non lascia alcun giudizio: gira una piccola trottola sul legno, il dado è tratto e l’inganno finito; il segreto tutto da svelare.