L’irrazionalità dello sguardo
Invito alla lettura de “La casa degli sguardi”
Illustrazione di Linda Agosto
Premetto che il mio interesse verso i libri si è lentamente spento con l’inizio del liceo, nonostante prima fossi abbastanza appassionato e abbia deciso di fare il classico. Mai letto un libro dopo aver iniziato ingegneria, sia per mancanza di tempo sia per scarso interesse fino a quando un amico mi ha raccontato di essere rimasto affascinato dalla lettura de “La casa degli sguardi”. Mi ha subito colpito come lui mi raccontasse del libro e questo fattore è stato ciò che mi ha spinto a portarlo con me e leggerlo quando, per circostanze non piacevoli, mi sono trovato nella sala d’aspetto di un pronto soccorso. L’ho divorato pagina per pagina in poco meno di un pomeriggio. “La casa degli sguardi” è un romanzo di Daniele Mencarelli, scrittore e poeta di Ariccia, paese poco lontano da Roma. Il libro racconta di un periodo della vita dello stesso autore, poco più di un anno, riportando episodi e riflessioni avvenute durante il suo impiego lavorativo al Bambin Gesù. Daniele al tempo della narrazione ha poco più di 20 anni e vive con i suoi genitori vicino alla Capitale, nella zona dei Castelli. Il protagonista, in prima persona, ci mostra in maniera cruda la vita di un ragazzo umanamente distrutto da due grandi mali: la droga prima e l’alcool dopo. Nei primi capitoli, molto brevi, di una manciata di pagine, Mencarelli si presenta senza nascondere nulla del buio che, per lui e per chi gli è attorno, è stato quel periodo: incidenti, depressione, ricoveri e soprattutto, l’ostinazione a non farsi aiutare e a rifiutare qualsiasi forma di affetto. Decide di ripartire, su consiglio di un amico, da una proposta di lavoro come bidello in una cooperativa legata al Bambin Gesù, ospedale pediatrico di Roma. Prendere sul serio la proposta del lavoro aiuterà Daniele a non chiudere gli occhi, da ormai quattro lunghi anni annebbiati dal suo “male”, e a dare spazio a quello che vedrà in un ambiente che, per la sua drammaticità sconfinata come la malattia infantile, sarà capace di risvegliare il suo Io. Il suo cambiamento non sarà immediato e limpido ma anzi, cadendo e ricominciando, stando soprattutto davanti agli incontri inaspettati che ci saranno nel corso del libro, Mencarelli arriverà ad una rinascita su ogni fronte, tornerà infatti anche alla poesia, prima dimenticata in un angolo remoto di sé. Il fattore che secondo me è decisivo per il suo cambiamento, la cosa che ha fatto la differenza, non sono stati tanto i tentativi disperati dei genitori né tutti i suoi buoni e giusti propositi, ma è stato inevitabilmente vedere una diversità, strana, eccezionale che introduce una possibilità insperata sulla propria vita, che parla al cuore. Un fatto che si impone per la sua irrazionalità [ci terrei a riportare tutto nei dettagli ma è molto più bello raccontato da Mencarelli] che spinge l’autore a dare credito a questo sguardo diverso. Mi spiazzava questa dinamica perché è stata la stessa identica che ha spinto me a dare fiducia a “La casa degli sguardi”, vedere un amico entusiasta per aver letto un libro, cosa che a me sembrava impossibile, una possibilità nuova nata dall’incontro con una diversità densa di proposta. Infatti, l’origine del mio cambiamento di sguardo, verso la lettura, è stato innanzitutto stupirsi di un amico che gioisce per un qualcosa di bello che ha incontrato, talmente corrispondente e coinvolgente che te lo racconta e propone.